ROMA Nuove sanzioni amministrative più leggere dal 1° settembre. Una distinzione più netta sui crediti d’imposta (ossia i bonus) utilizzati in compensazione e una profonda revisione del sistema penale tributario che prevede anche la possibilità di invocare la non punibilità se gli omessi versamenti dipendono da cause non imputabili al contribuente e sopraggiunte al momento dell’effettuazione delle ritenute o all’incasso dell’Iva. Nel giorno del grande caos politico sul capitolo fiscale a causa del redditometro culminato con la decisione di sospenderlo per ora (si veda pagina 2), il Governo mette a punto la versione finale del decreto sulle sanzioni che arriva sul tavolo del Consiglio dei ministri di domani mattina. Una versione finale che tiene conto della necessità di cambiare la decorrenza che nello schema sottoposto ai pareri delle commissioni parlamentari era stata fissata al 30 aprile. Essendo ormai trascorso il termine, l’ultima versione del testo fissa lo start alle violazioni commesse a partire dal prossimo 1° settembre. Fermo restando il paletto della non retroattività delle penalità amministrative più favorevoli al contribuente (su cui anche deputati e senatori nei loro pareri avevano provato ad aprire una breccia nelle intenzioni dell’Esecutivo), anche per non determinare un aggravio sulle finanze pubbliche considerando che la stima inizialmente formulata per l’ipotesi di retroattività viaggiava intorno ai 2 miliardi di euro. Nel complesso il testo che si accinge ad andare sul tavolo di Palazzo Chigi prova a mettere paletti (e più certezze) nelle definizioni dei crediti d’imposta, indicando all’interno del corpo delle disposizioni sul penale tributario (il Dlgs 74/2000) la doppia ipotesi in cui si può parlare di inesistenza (quindi con un regime sanzionatorio più pesante) e la tripla situazione che fa invece scattare la non spettanza. Situazioni che avranno poi un riflesso a cascata anche sulle penalità amministrative connesse a tali violazioni. Nel complesso, però, la riforma punta a chiudere l’era della maxisanzioni, introducendo un principio di proporzionalità rispetto al tipo di omissione o illecito commesso dal contribuente e fissando una sorta di parametro di riferimento intorno alla percentuale del 70 per cento. Il tutto nell’ottica - come sottolineato più volte dal viceministro Maurizio Leo - di collocare anche l’Italia all’interno di un panorama europeo che non ha più punte del 240%, naturalmente mantenendo il livello di guardia (e di punibilità) molto più alto nelle ipotesi in cui scatterà anche la frode. Il disegno perseguito va, comunque, più in generale in direzione di una maggiore integrazione delle diverse fattispecie sanzionatorie in modo da cercare anche un’uniformità applicativa. Una volta entrata in vigore, scatterà anche la revisione dei rapporti tra processo penale e processo tributario. Ma ci sarà anche un superamento dell’applicazione di più sanzioni (e più procedimenti) sulla stessa violazione: il superamento del cosiddetto «ne bis in idem» che, in alcune circostanze, come ha affermato più volte Leo si trasforma addirittura in un «quinquies in idem». Arriva poi anche una misura a regime per la compensazione dei crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, nei confronti delle amministrazioni statali per somministrazioni, forniture e appalti con le imposte non pagate risultanti da avvisi bonari. Una misura che dovrà essere attuata con un decreto dell’Economia (entro 180 giorni dall’entrata in vigore della misura) e si applicherà con riferimento alle dichiarazioni dei redditi relative ai periodi d’imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2022. Il credito dovrà essere certificato e l’attestazione dovrà riportare l’indicazione della data prevista per il pagamento. La compensazione è consentita sino a concorrenza dell’imposta a debito che risulta dalla dichiarazione presentata e a cui si riferiscono le sanzioni e gli interessi.
Fonte: Il Sole 24 Ore
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